La guerra in Libano era finita da poche settimane. Quando non c'era scuola il passatempo di Mohammed e suo fratello, inseieme ai cugini, era osservare la pala dalla scavatrice tirar fuori dalle macerie delle case distrutte dai bombardamenti israeliani, pezzi di cucina, piastrelle, bulloni. Tesori che solo i giochi dei bambini permettono di apprezzare. Il sole si avvicinava allo zenith nel villaggio di Sawane, a sud del Libano. I cinque ragazzini trovarono riparo dalla calura secca mediorientale sotto un albero. Le vibrazioni della pala meccanica scossero i rami. La bomba a grappolo che aveva fatto cilecca nei giorni della guerra, rimasta incastrata tra il fogliame, finì scaraventata al suolo. Le munizioni del grappolo di morte schizzarono in ogni direzione. I metallo rovente trapassó il collo e il petto di Mohammed di Mohammed Hassan Sultan. Altri pezzi della bomba ferirono alle gambe suo fratello Ahmad di sedici anni ed i cugini Abbas, Hussein, Jamil e Hilal.
Così, in una frazione di secondo, la mattina del 27 settembre 2006, è finita la vita di un ragazzino libanese, ucciso da una bomba a grappolo o cluster bomb, residuo di un conflitto finito.
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