martedì 17 giugno 2008

Le bombe a grappolo israeliane continuano ad uccidere

La guerra in Libano era finita da poche settimane. Quando non c'era scuola il passatempo di Mohammed e suo fratello, inseieme ai cugini, era osservare la pala dalla scavatrice tirar fuori dalle macerie delle case distrutte dai bombardamenti israeliani, pezzi di cucina, piastrelle, bulloni. Tesori che solo i giochi dei bambini permettono di apprezzare. Il sole si avvicinava allo zenith nel villaggio di Sawane, a sud del Libano. I cinque ragazzini trovarono riparo dalla calura secca mediorientale sotto un albero. Le vibrazioni della pala meccanica scossero i rami. La bomba a grappolo che aveva fatto cilecca nei giorni della guerra, rimasta incastrata tra il fogliame, finì scaraventata al suolo. Le munizioni del grappolo di morte schizzarono in ogni direzione. I metallo rovente trapassó il collo e il petto di Mohammed di Mohammed Hassan Sultan. Altri pezzi della bomba ferirono alle gambe suo fratello Ahmad di sedici anni ed i cugini Abbas, Hussein, Jamil e Hilal.

Così, in una frazione di secondo, la mattina del 27 settembre 2006, è finita la vita di un ragazzino libanese, ucciso da una bomba a grappolo o cluster bomb, residuo di un conflitto finito.

Solo nell’attacco al Libano del 2006, Israele ha gettato sul Libano tante di queste cluster bombs, da totalizzare 4 milioni di «bomblets», ossia di ordigni piccoli e graziosi che paiono giocattoli, e sono pronti a scoppiare quando un bambino li prende in mano o un pastore ci inciampa sopra. Di questi 4 milioni, infatti, almeno un milione giacciono inesplosi tra campi e rocce libanesi, in attesa della loro occasione. E dalla fine della guerra in Libano, hanno già ammazzato o mutilato e sfigurato 200 libanesi. «Higly useful battle devices», ossia «strumenti utilissimi sul campo di battaglia», dicono gli israeliani e gli americani che - a ragione - non hanno aderito alla messa al bando.

Nessun commento: